GIORNATA STORTA

Trondheim, 21 febbraio 2020

Capitano cosi’, le giornate storte. Ti svegli al mattino e non te ne accorgi, sembra tutto come al solito.. fai colazione, esci di casa.. magari riesci persino a concludere qualche lavoro che dovevi finire, cosi’ il pensiero che sia una di quelle giornate nelle quali sarebbe meglio starsene chiusi in casa non arriva subito alla tua mente, quando la catena di eventi inizia a incastrarti in quel turbine di situazioni alle quali non dai la giusta attenzione.

Poi succede che ti cade il cellulare. Una caduta banale, di quelle ‘di piatto’, senza problemi allo schermo.. Ma alla prima riunione via skype, dopo mezz’ora, ti accorgi che la telecamera non funziona piu’. Mannaggia. Allora controlli che in ufficio ci sia il telefono sostitutivo (e per fortuna c’e’.. ‘vedi che non e’ poi andata cosi’ male’, ti dici), compili i moduli e spedisci il tuo in riparazione. E non ti immagini che quello e’ il primo evento della catena.

Ti chiamano dallo studio del medico di base di Carlotta: dieci giorni prima e’ caduta all’asilo e la maestra questa mattina ti ha detto che sembra evitare di usare la mano infortunata per alcuni movimenti, cosi’ hai chiesto al medico un appuntamento (questa e’ la procedura: vai dal medico di base e lui decide se hai bisogno o meno di uno specialista). Ad ogni modo: il medico la puo’ ricevere tra un’ora. Cosi’ esci dall’ufficio, vai a prenderla all’asilo e la porti dal dottore.

Durante la visita lei non piange ne’ si lamenta, solo per alcuni movimenti del polso fa una faccia seria e mette l’altra manina sul braccio del dottore, come a fargli capire che non gradisce quello che sta facendo. Il medico (grazie al cielo) decide comunque di farle fare una radiografia per essere sicuri che non ci siano danni. Vesti Carlotta, esci, macchina, diretti all’ospedale. Prima di partire fai partire una chiamata a Gabri, per avvertirlo e dirgli che vi vedete in ospedale, di venire direttamente li’.

E qui parte il delirio. Perche’ il telefono non e’ il tuo, sincronizzato con il bluetooth della macchina, ma quello dell’ufficio. Ma tu, in quel momento, non ti ricordi nemmeno come ti chiami, vista l’’emergenza Carlotta’, figurarsi se ti viene in mente che hai cambiato il cellulare quella mattina. E quando Gabri finalmente risponde ti rendi conto che la voce non esce ‘dalla macchina’, ma dal cellulare in borsa. E quindi cosa fai?

La cosa piu’ stupida che puoi fare, ovviamente: prendi il cellulare dalla borsa e metti il vivavoce. Se non fosse che, in quei secondi nei quali stai tenendo il cellulare in mano e schiacci il tasto del vivavoce, una macchina della polizia ti affianca (stai guidando su una superstrada a due corsie), accende i lampeggianti e ti intima di accostare.

Al momento sei talmente in aria per la questione ospedale che nemmeno ti rendi conto del perche’ ti stanno fermando. Anzi, quando ti fanno la prova dell’alcool test, gli dici quasi ridendo che e’ la seconda volta che te la fanno in una settimana (e la seconda volta che la fai in tutta la tua vita) ed e’ un po’ ridicolo perche’ sei incinta, parto previsto tra un mese, quindi di certo non e’ il tuo periodo piu’ ‘alcoolico’. Il poliziotto non ride, resta serio e ti ascolta. Ho sempre avuto problemi con lo humor norvegese, penso. Gli dico che sto andando all’ospedale con la bimba, che siamo state dal medico e che ci aspettano per una radiografia. Lui mi chiede se so perche’ mi hanno fermato. ‘Guidavo troppo piano?’ gli chiedo. Gli saro’ sembrata idiota, ma questo e’ il motivo per il quale mi hanno fermato giovedi’ sera scorso: ‘guidava troppo piano, abbiamo pensato che magari non fosse in condizione di guidare, cosi’, sa, vedo che e’ incinta, ma sa, e’ la procedura, devo farle la prova dell’alcool test..’. Il poliziotto mi guarda e con estrema pazienza mi dice ‘no, la abbiamo fermata perche’ ha preso in mano il cellulare mentre guidava’. Un brivido gelato mi corre lungo la schiena, mi sento una bambina che e’ appena stata colta a rubare la torta in cucina. Inizio a spiegargli che stavo chiamando mio marito per avvisarlo dell’ospedale, che il telefono di solito e’ sincronizzato con la macchina ma questo lo ho cambiato questa mattina.. e le parole, dopo un po’, mi si spengono in bocca da sole. E lui mi dice ‘capisce che non puo’ tenere in mano il telefono mentre guida?’ ‘Ma certo, guardi sono anche in macchina con la bambina, non e’ una cosa che faccio’ ‘si, ma lei ha preso il telefono in mano quando la abbiamo affiancata’ ‘..’

Mi viene in mente un presentatore norvegese, italiano di origine, che, durante uno spettacolo, aveva descritto piu’ o meno la stessa scena per un parcheggio: aveva parcheggiato con due ruote fuori dagli spazi e, quando e’ tornato a riprendersi l’auto, ha trovato il vigile che gli stava facendo la multa. Non sapendo come cavarsela, aveva provato, prima, a discutere la questione tecnica. Poi, visto che non funzionava, aveva cercato di metterla sulla simpatia parlando delle sue origini italiane e di calcio, cercando di fare breccia in quel muro di rigidita’. E il poliziotto, alla fine del suo ‘teatro’, gli aveva risposto ‘anche a me piace moltissimo il calcio… e sa, per il parcheggio funziona proprio come per i gol: bisogna che la palla sia dentro per vincere la partita’. Ovviamente si era preso la multa.

E ovviamente la multa me la sono presa anche io: 1700 nok di multa e due punti in meno sulla patente, con una nota che restera’ sulla mia patente per tre anni e sulla mia coscienza per non so quanto tempo, a bruciare per ricordarmi di aver infranto una regola.

Carlotta, alla fine, abbiamo scoperto che aveva il polso rotto di netto. E io non lo so come ha fatto ad andare all’asilo, a pattinare sul ghiaccio, in slitta sulla neve e a nuoto negli ultimi dieci giorni. Senza un pianto, senza una lamentela. Sempre con il sorriso.

E meno male che, ieri sera, c’era quel suo sorriso, tutta fiera mentre ci mostrava il suo braccio con il gesso rosa e, a suo parere, i superpoteri. E a volte penso che li ha veramente, i superpoteri…

A presto

Arianna